MA IL GIORNALISMO…..???! di Pasquale Bellusci

Si tratta dell'ingresso nel mondo dei callcenter di uno studente di fscc, Marika Minio. Ne parla martedì 21 nell'aula N del cubo 18c agli studenti riuniti per la lezione di Ambienti Digitali.
"Essere intelligenti non vuol dire semplicemente soddisfare certi criteri, bensì applicarli; vuol dire regolare le proprie azioni, non semplicemente compierle in maniera regolare. Si dice che una persona aggisce accuratamente o con abilità quando, nel compiere l'azione, è pronta a rilevare e correggere gli errori, a ripetere e migliorare in base ai successi riportati, a trarre vantaggio dall'esempio altrui, e così via."
Filosofia e Scienze della Comunicazione e della Conoscenza: significa chiedersi il perché di tanta astrazione, di tanto teorizzare, proprio in quel mondo che vive solo in atto, che trova senso solo ed esclusivamente nel momento in cui diventa realtà, “vita activa”.
Si può dare un senso a tutto, si può trovare la chiave di lettura di un edificio così complesso e, apparentemente, ingarbugliato.
Come? Scendendo nel mondo, in quello vero, entrando nello spazio della comunicazione pura.
Dove si trova? Beh molto più vicino di quanto si possa credere. La comunicazione con la C maiuscola vive, in modo sconvolgente e coinvolgente, nei CALL CENTER. Tutto potrà sembrarvi banale e assurdo, frutto di un delirio da alcool magari, invece la mia proposta è: provare per credere.
All’inizio della mia esperienza ero scettica, poco convinta e pure scocciata. Io amante della filosofia, figlia illegittima di Saussure che ci faccio in un grande capannone tra tutta questa gente che sembra uscita dall’ultimo film assurdo della Walt Disney? Dopo questo senso di rifiuto che, lo ammetto nasce del mio ego filosoficamente smisurato, trovo il seme della vita.
Una ventina di compagni d’avventura per un corso di formazione lampo.
Tema del primo giorno: come comunicare, come entrare nel privato di un cliente in modo poco invadente ma col mordente adatto ecc..ecc.. Qui do un senso a tutto quando sento la frase magica:
qui mi illumino. La mia mente rievoca i residui saussuriani che ancora permangono, comincio ad entrare anch’io nella “follia” del prof. Gambarara.
“ L’esecuzione è sempre individuale, l’individuo non è sempre il padrone; noi la chiameremo parole.” Ecco che quel Saussure tanto citato trova subito un senso, prende vita, si rivolta nella tomba. Ma siamo solo all’inizio. Il corso scivola velocemente verso il punto focale. Non bisogna mia dimenticare che dobbiamo vendere qualcosa al cliente, se un servizio o una batteria di pentole poco importa, l’importante è essere flessibili, adattarsi al cliente, capire al volo cosa proporre ma soprattutto come proporlo.
Comincio a sentirmi veramente a casa.
Penso subito al feedback del modello classico della comunicazione, anche al telefono è fondamentale. L’argomento entra nel vivo e comincio a scoprire un mondo nuovo, nel quale mi sento perfettamente e mio agio.
Qui scopro come funziona una telefona. I momenti chela costituiscono, incastrandosi perfettamente sempre con mobilità assoluta, sono 5:
Ecco cosa si impara in tre giorni di formazione per un call center outbound.
La cosa bella di questa esperienza è che, non solo ho visto come vanno le cose in un ambiente professionale della comunicazione, ma che mi sono venuti una serie di dubbi. Tra i tanti una questione, in particolare, comincia a martellarmi la testa: le telefonate sono performativi? Se la definizione di performativo sia:” qualcosa che non può essere compiuto se non con l’uso delle parole” allora ogni “pronto” è un performativo. Su questo punto comincio ad essere confusa e vorrei chiedere a voi di aiutarmi ad uscire dal labirinto linguistico nel quale sto camminando alla cieca.
Vorrei concludere facendo riferimento al blog già aperto su elleboro dove si parla dei call center e si fa esplicito riferimento all’incompetenza di alcuni operatori o all’insistenza.
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